Il conflitto tra Russia e Ucraina ha generato importanti conseguenze sull’economia italiana, già provata dalla pandemia del covid. Le ripercussione della guerra aggravate dalle sanzioni all Confederazione russa hanno reso il quadro del Mady in Italy preoccupante, tanto da metter in ginocchio molte imprese.
Secondo quanto dall’analisi della Coldiretti sul commercio estero in Russia "a marzo sulla base dei dati Istat che evidenziano peraltro un aumento del 158,2% delle importazioni in Italia da Mosca. Il risultato – sottolinea la Coldiretti -è un saldo commerciale negativo per l’Italia nel primo mese di guerra pari a 2,7 miliardi che peraltro potrebbe diminuire drasticamente con il braccio di ferro in corso sulle forniture di gas."
A fare il punto, il presidente del consorzio del commercio digitale italiano, Roberto Liscia.
Per l'eCommerce si stima per le aziende italiane che hanno scelto per l'export il canale digitale, una perdita di circa 700-800 milioni di euro pari al 5-6% del valore totale. E' la stima Netcomm sull’impatto economico conseguente alla guerra in Ucraina, che evidenzia l’esigenza di diversificare le esportazioni per le imprese del Made in Italy. I settori più colpiti dallo scenario di guerra in Europa sono la moda, il food e l’arredamento.
Ma quali sono i settori del Mady in Italy più colpiti?
La Russia è uno dei Paesi più rilevanti al mondo per i brand italiani, e anche il turismo rappresentava un volano per il Made in Italy: «in molti casi, i turisti provenienti dalla Russia, rientrati nel proprio Paese, continuavano a comprare online i prodotti acquistati di persona in vacanza. In sostanza, l’interruzione del turismo russo sul nostro territorio ha bloccato le vendite sia offline sia online nel mercato russo di prodotti Made in Italy, spiega Liscia.
A subire questa battuta d’arresto è principalmente il settore moda, che in Italia rappresenta il 53% dell’export online di beni di consumo per un valore totale di circa 7,1 miliardi di euro. Gli altri due settori interessati sono il food (alimentari e bevande) e l’arredamento, che in Italia pesano rispettivamente il 14% e l’8% sul valore complessivo dell’export digitale di prodotti di consumo.
Sul medio lungo termine, bisogna anche valutare la crescita dell’inflazione, dovuta all’aumento dei costi energetici e, di conseguenza, l’incremento dei costi delle intere filiere, a cui si accompagnerà, secondo Netcomm, una riduzione dei consumi, generando un effetto recessivo. Il nuovo scenario potrà anche provocare anche cambiamenti importanti nelle dinamiche di mercato, che potrebbero tradursi in un’uscita di scena della Russia e nello sviluppo di ulteriori mercati interessanti.
È fondamentale per le imprese italiane ragionare su altri mercati di sbocco, così da poter parzialmente compensare le gravi perdite che stanno subendo – . Oltre a quello cinese vi sono alcuni mercati fortemente attrattivi per il Made in Italy come Indonesia, Turchia, Iran e Arabia Saudita per la propensione agli acquisti online, in particolare di beni di lusso. Infine, l’Africa costituisce un mercato non ancora esploso, che si sta però velocemente digitalizzando, il che suggerisce che ci sono ampi margini di crescita in ambito e-commerce per le imprese nostrane. Resta comunque probabile che serviranno almeno due anni per compensare le perdite già citate».